lunedì 18 aprile 2011

Il parto cesareo? Solo quando è necessario

L’andamento dei dati è oscillante, ma la tendenza è  alla diminuzione. Stiamo parlando delle nascite con parto cesareo all’ospedale Maggiore negli ultimi otto anni. Sui 2720 bambini venuti al mondo l’anno scorso, nel reparto di ostetricia e ginecologia, 995   - il 37%  - hanno visto la luce grazie al bisturi. La media italiana per questi valori nelle strutture pubbliche è calcolata al 30% anche se l’Organizzazione mondiale della sanità ha fissato la percentuale dei cesarei  ad un valore più  basso: il 20%. 
Il sud del Belpaese è il fanalino di coda col minor numero di parti naturali.  In testa alla classifica   Bolzano col 18%, mentre la Campania è al 53%. Parma sta nel mezzo.
 L’intento dell’ospedale è valorizzare sempre più il parto naturale, anche   in applicazione alla legge regionale 26 del 1998 che cerca di  tornare a «umanizzare»  la nascita. La filosofia del Maggiore è riassunta da un aforisma di un famoso ginecologo piacentino, scomparso nell’89, pioniere della «nascita senza violenza», Lorenzo Braibanti: «Dobbiamo convincere la donna che è capace di partorire e che il neonato sa nascere».
 Da un anno il Maggiore  ha istituito una nuova figura dirigenziale: il responsabile del percorso nascite. Chiamata a ricoprire questo ruolo,  dall'ospedale  di Montecchio, è stata  Daniela Viviani, veronese di origine ma parmigiana d’adozione. «Noi vogliamo dare alla donna gli strumenti necessari per poter scegliere - dice la Viviani - perché oggi  le future madri si affidano esclusivamente al professionista. Il parto deve essere una gratificazione della propria competenza del ‘saper partorire’ e di sentirsi padrona del proprio corpo. La nascita però è vissuta attorno al concetto del dolore e di quanto siamo in grado di sopportarlo e il cesareo diventa una fuga dalle responsabilità professionali nel sostegno emotivo alla donna in travaglio». 
Secondo diversi studi scientifici, sostiene sempre la Viviani, il parto naturale aiuta alla produzione di ormoni come endorfine, ossitocine e prostaglandine che servono per l’allattamento e all’imprinting madre-bambino. «Vogliamo accompagnare la donna nel percorso del suo travaglio e fargli capire che la struttura sanitaria in cui lavoriamo e l’equipe medica che vi opera è eccellente e che di noi le pazienti si possono fidare».
Il dolore è di tre tipi: fisiologico, patologico e iatrogeno. Quello del  parto «è fisiologico e va sostenuto perché non è un dolore sterile», spiega Viviani. Ma se il dolore fosse patologico? «Allora è necessario intervenire con un cesareo. Per noi medici un cesareo è molto più sbrigativo: in 20 minuti, da quando la donna entra in sala, è tutto finito. Abbiamo accolto con favore l’avvento del cesareo nell’ultimo mezzo secolo perché ha abbattuto la mortalità e la morbilità infantile e continueremo ad utilizzarlo, laddove serve».
 Il 28% dei nati dell’anno scorso sono stranieri, come si comportano le donne? «Dipende dall’etnia e dalla cultura. Le donne dell’est Europa si affidano al parere del medico, quelle sudamericane è scontato ti chiedano un cesareo, mentre le magrebine preferiscono partorire naturalmente».


fonte gazzettadiparma

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